Con la sentenza n. 26875/2023 la Cassazione ha deciso una questione in merito alla dibattuta questione dei limiti al mantenimento del figlio maggiorenne, ribadendo che secondo il principio di autodeterminazione, il figlio “adulto” perde il diritto al mantenimento.
Neanche può servire a giustificare lo stato di inerzia il fatto che il figlio debba accudire il genitore col quale convive, in quanto il principio di autodeterminazione vale solo per sé stesso.
Abbiamo già più volte trattato questo argomento, commentando le seguenti ordinanze: Cass. Ordinanza n. 2056 del 24/01/2023, Cass. Ordinanza n. 358 del 10/01/2023, Cass. Ordinanza n. 18785 del 02/07/2021,
Cass. Ordinanza n. 358 del 10/01/2023.
Con la sentenza oggi citata la Corte di legittimità ha circoscritto tre principi di diritto sul tema, facendo ulteriore chiarezza sull’onere della prova. Il primo di tali principi stabilisce che:
Ma la Corte di Cassazione ha stabilito altri due importanti principi in tema di mantenimento del figlio maggiorenne:
La giurisprudenza della Corte è pertanto ormai uniforme nell’affermare il principio di diritto secondo cui l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente il mantenimento.
Infatti, raggiunta la maggiore età, si presume l’idoneità al reddito che, per essere vinta, necessita della prova delle fattispecie che integrano il diritto al mantenimento ulteriore.
Pertanto il figlio dovrà provare non solo la mancanza di indipendenza economica – precondizione del diritto preteso – ma anche di avere curato, con ogni possibile impegno, la sua preparazione, professionale o tecnica, e di essersi con pari impegno attivato nella ricerca di un lavoro.
Va altresì ribadito che la prova sarà tanto più lieve per il figlio, quanto più prossima sia la sua età a quella di un recente maggiorenne. Da un lato, qualora sia stato emesso dal giudice il provvedimento di mantenimento del figlio minorenne a carico del genitore non convivente, esso resta ultrattivo di per sé, sino ad un eventuale diverso provvedimento del giudice. Dall’altro lato, qualora sussista una domanda di revoca da parte del genitore obbligato, l’onere della prova risulterà particolarmente agevole per il figlio in prossimità della maggiore età appena compiuta ed anche per gli immediati anni a seguire, quando il soggetto abbia intrapreso un percorso di studi, già questo integrando la prova presuntiva del compimento del giusto sforzo per meglio avanzare verso l’ingresso nel mondo adulto.
Di converso, la prova del diritto all’assegno di mantenimento sarà più gravosa man mano che l’età del figlio aumenti, sino a configurare il c.d. “figlio adulto”. Raggiunta la maggiore età, in ragione del principio dell’autoresponsabilità, si valuterà, caso per caso, se possa ancora pretendere di essere mantenuto, anche con riguardo alle scelte di vita fino a quel momento operate e all’impegno realmente profuso prima nella formazione poi nella ricerca di un lavoro.
Occorre, di conseguenza, che sia provato dal richiedente il suo impegno rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro e la concreta assenza di personale responsabilità nel ritardo a conseguirla (cfr. Cass. 7 ottobre 2022, n. 29264; Cass. 3 dicembre 2021, n. 37366; Cass. 20 agosto 2020, n. 17380; Cass. 14 agosto 2020, n. 17183).
AVVERTENZE
Autore: Avv. Andrea TOTÒ