In tema di separazione personale dei coniugi, la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l’articolo 143 del Cc pone a carico dei coniugi, essendo invece necessario accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale. La reiterata violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale, tanto più se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, rappresenta una violazione particolarmente grave di tale obbligo, che, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, causa della separazione personale dei coniugi e, quindi, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge che ne è responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, da cui risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale.
Cass. Sezione I, sentenza 24 ottobre 2005 n. 20536 (in Guida al Diritto, Edizione n. 47 del 10 dicembre 2005, pagina 40)
In tema di addebitabilità della separazione personale, ove i fatti accertati a carico di un coniuge costituiscano violazione di norme di condotta imperative e inderogabili, traducendosi nell’aggressione a beni e diritti fondamentali della persona quali l’incolumità e l’integrità fisica, morale sociale dell’altro coniuge così da oltrepassare quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque necessaria e doverosa per la personalità del partner, essi sono insuscettibili di essere giustificati come ritorsione e reazione al comportamento di quest’ultimo, sottraendosi anche alla comparazione con tale comportamento, la quale non può costituire un mezzo per escludere l’addebitabilità nei confronti del coniuge che quei fatti ha posto in essere.
Cass. Sezione I, sentenza 19 settembre 2005 n. 18475 (in Guida al Diritto, Edizione n. 44 del 12 novembre 2005, pagina 61)
Al fine dell’addebitabilità della separazione, il comportamento di un coniuge, rivolto a imporre i propri particolari principi o la propria particolare mentalità, può assumere rilevanza solo se si traduca in violazione dei doveri discendenti dal matrimonio, o comunque sia inconciliabile con i doveri medesimi, atteso che, in caso contrario, e per quanto detti principi o mentalità siano criticabili, si resta nell’ambito delle peculiarità caratteriali, le quali valgono a spiegare le difficoltà del rapporto, ed eventualmente l’errore originariamente commesso nella reciproca scelta, ma non integrano situazioni d’imputabilità della crisi, nel senso previsto dall’articolo 151, comma 2, del codice civile.
Cass. Sezione I, sentenza 2 settembre 2005 n. 17710 (in Guida al Diritto, Edizione n. 41 del 22 ottobre 2005, pagina 67)
Il dovere che entrambi i coniugi hanno di mantenere, istruire ed educare la prole, sancito dall’articolo 147 del Cc, non impone obblighi soltanto nei confronti dei figli, ancorché costoro siano ovviamente i primi beneficiari del dovere stabilito dal legislatore a carico dei coniugi. L’articolo 144 stabilisce infatti l’obbligo per i coniugi di concordare tra di loro l’indirizzo della vita familiare, le scelte educative e gli interventi diretti a risolvere i problemi dei figli non possono che essere adottati d’intesa tra i coniugi. Un atteggiamento unilaterale, sordo alle valutazioni e alle richieste dell’altro coniuge, a tratti violento ed eccessivamente rigido, può tradursi, oltre che in una violazione degli obblighi del genitore nei confronti dei figli, anche nella violazione dell’obbligo nei confronti dell’altro coniuge di concordare l’indirizzo della vita familiare e, in quanto fonte di angoscia e dolore per l’altro coniuge, nella violazione del dovere di assistenza morale e materiale sancito dall’articolo 143 del Cc. Ove tale condotta si protragga e persista nel tempo, aprendo una frattura tra un coniuge e i figli e obbligando l’altro coniuge a schierarsi a difesa di costoro, essa può divenire fonte d’intollerabilità della convivenza e rappresentare, in quanto contraria ai doveri che derivano dal matrimonio sia nei confronti del coniuge che dei figli in quanto tali, causa di addebito della separazione ai sensi dell’articolo 151, comma 2, del codice civile.
Cass. Sezione I, sentenza 2 settembre 2005 n. 17710 (in Guida al Diritto, Edizione n. 41 del 22 ottobre 2005, pagina 67)
Le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge nei confronti dell’altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti della intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore di esse, nonché da esonerare il giudice di merito, il quale abbia accertato siffatti comportamenti, dal dovere di comparare, ai fini dell’adozione delle predette pronunce, il comportamento del coniuge vittima delle violenze nei confronti dell’altro, in quanto i comportamenti medesimi, proprio in ragione della loro estrema gravità, escludono qualsiasi possibilità di comparazione, se non rispetto a comportamenti omogenei.
Cass. Sezione I, sentenza 7 aprile 2005 n. 7321 (in Giuda al Diritto, Edizione n. 20 del 21 maggio 2005, pagina 45)
L’indagine sull’intollerabilità della convivenza deve essere svolta sulla base della valutazione globale e comparativa dei comportamenti di entrambi i coniugi, dacchè la condotta dell’uno non può essere giudicata senza un raffronto con quella dell’altro, e solo tale comparazione consente di riscontrare se e quale incidenza esse abbiano rivestito, nel loro reciproco interferire, nel verificarsi della crisi matrimoniale. Nell’ipotesi in cui i fatti accertati a carico di un coniuge (nella specie, il rifiuto di intrattenere rapporti affettivi e sessuali con il coniuge per sette anni) integrino violazione di norme di condotta imperative e inderogabili, in quanto si traducano nell’aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l’incolumità e l’integrità fisica, morale e sociale e la dignità dell’altro coniuge, così superando la soglia minima di solidarietà e di rispetto per la personalità del partner, essi sfuggono a ogni giudizio di comparazione, non potendo in alcun modo essere giustificati come atti di reazione o ritorsione rispetto al comportamento dell’altro.
Cass. sezione I civile – sentenza 24 gennaio-23 marzo 2005 n. 6276 (in Giuda al Diritto, Edizione n. 15 del 16 aprile 2005, pagina 69)
Una stabile relazione extra-coniugale viola gravemente l’obbligo di fedeltà e può rendere intollerabile la convivenza, giustificando l’addebito al coniuge che ne è responsabile, solo quando sia accertata l’esistenza del nesso causale fra tradimento e crisi della coppia.
Cass. Sezione I, sentenza 1 marzo 2005 n. 4290 (in Giuda al Diritto, Edizione n. 14 del 9 aprile 2005, pagina 78)